Annunziata dei Teatini di Guarino Guarini: sperimentazioni di architettura obliqua a Messina

Nell’arco dei secoli la Sicilia, grazie alla sua posizione geografica, è stata campo di sperimentazioni stilistiche, durante le quali spesso ha avuto, ma a volte ha anche dato.

Sperimentazioni importanti le compì a Messina il padre teatino Guarino Guarini, modenese di scuola romana, quando nel 1662 portò a termine la facciata della Chiesa dell’Annunziata dei Teatini, poi distrutta dal terremoto del 1908.

Facciata dell’Annunziata dei Teatini

Già dalla fine del 400, dopo un lungo innamoramento verso le forme del levante spagnolo, la Sicilia aveva riaperto i rapporti artistico-culturali con l’Italia. E Messina ancor prima, tanto che Baboccio da Piperno, all’inizio del XV secolo, scolpiva in un tardo gotico italiano, non catalano, il portale della cattedrale (straordinaria è la somiglianza con quello della Cattedrale di Napoli).

 

Portale del Duomo di Messina
Portale della Cattedrale di Napoli

Dal 1463 è presente nell’isola Domenico Gagini. Con lui una serie di marmorari lombardi e toscani aprono le loro botteghe a Palermo e nello stesso periodo è presente anche Francesco Laurana. A Messina, invece, nel 500 operano i toscani Calamech e Montorsoli, tanto per citarne alcuni.

Saranno quindi due le tendenze stilistiche che perdureranno per tutto il 500 e la prima metà del 600. Da una parte lapicidi e intagliatori continuano a lavorare alla maniera spagnola, in molti casi con decorazioni isabelline o plateresche, dall’altra è la rinascenza italiana e poi il barocco che, dapprima timidamente, poi in maniera più decisa detteranno i connotati dell’architettura siciliana.

Sarà quindi la tipologia architettonica della Controriforma, che si realizzava a Roma in quegli anni, che richiamerà l’attenzione degli architetti barocchi operanti in Sicilia. Gli stessi Vermexio, di origine spagnola, opereranno a Siracusa seguendo i trattati vignoleschi. Mentre più tardi ancora, durante la ricostruzione della Sicilia orientale, sarà ancora il gusto scenografico dettato dalla magnificenza spagnola a ispirare scultori e architetti siciliani, a volte con soluzioni “churrigueresche”, piuttosto che “rococò”.

Architetti siciliani si recano a Roma per apprendere la maniera barocca continentale e utilizzarla al loro rientro, consapevoli di intervenire in un clima diverso; architetti continentali scendono in Sicilia a portare le loro conoscenze e a sperimentare nuove forme, questo è appunto il caso di Guarino Guarini.

E’ decisamente borrominiana, quindi romana, la facciata concavo-convessa usata dal Guarini nella chiesa dell’Annunziata dei Teatini e poi sfruttata a Noto, in San Domenico, e un po’ ovunque nella Sicilia orientale.

E’ decisamente innovativa la struttura piramidale e slanciatissima della facciata messinese, in antitesi con la compostezza delle chiese romane e più confacente con lo slanciato barocco spagnolo. Ma è ancora più innovativa la posizione della facciata rispetto all’asse principale della chiesa.

A Guarini venne dato, infatti, incarico di realizzare la facciata di un corpo preesistente e, per un problema di allineamento con la strada, decise di realizzarla in diagonale rispetto all’asse principale della chiesa, dovendosi così confrontare con problemi geometrici non indifferenti come nel portale di ingresso.

Alla stessa maniera, 18 anni dopo, il grande genio matematico, filosofo e architetto spagnolo Juan Caramuel Lobkowitz, per nascondere l’asimmetria che esisteva fra la cattedrale di Vigevano e la piazza, realizzò una facciata scenografica ortogonale all’asse principale della piazza e allo stesso tempo obliqua rispetto all’asse della chiesa.

Cattedrale di Vigevano

Ancora più tardi, Conrad Rudolf, detto “el romano”, risolverà il problema del congiungimento della cattedrale di Valencia, in Spagna, con la torre preesistente del Miguelete.

Cattedrale di Valencia

Lo stesso Conrad Rudolf, nella memoria del progetto afferma di aver visto in Italia un’opera con disposizioni simili. Non poteva che riferirsi a Guarini o a Caramuel.

Facciata borrominiana/guariniana della Cattedrale di Valencia

L’opera del Guarini a Messina fu certamente d’esempio per tutte le architetture borrominiane presenti in Sicilia, nonchè influì sullo spirito del giovane architetto messinese Filippo Juvarra, operante più tardi anche a Madrid.

Ma è quanto mai plausibile supporre che la sua opera messinese non sfuggì alla curiosità di Caramuel, il quale nel 1678 pubblicava un trattato sull’architettura retta e obliqua, 10 anni dopo quello del Guarini sull’architettura civile, anche se pubblicato postumo soltanto nel 1737.

Caramuel fu grande amico di un altro sacerdote e astronomo: il ragusano Giovanni Battista Hodierna, con il quale condivideva gli stessi interessi. E’ possibile che Caramuel, titolare della sede episcopale di Otranto in Puglia, prima di essere vescovo di Vigevano, abbia visitato la Sicilia?

Guarini ha forse ispirato l’opera architettonica lombarda del grande genio polivalente spagnolo Caramuel, ma, comunque, ha certamente avuto un ruolo nel dibattito sull’architettura obliqua. Del suo “competitor” spagnolo diceva: “un certo che ha scritto nella favella Spagnuola di architettura“.

D’altra parte Juan Caramuel e Guarino Guarini, insieme al pittore e monaco spagnolo Juan Ricci, sono considerati i trattatisti più importanti del XVII secolo dell’ordine “salomonico“. Le loro opere furono capitali nello sviluppo di quello che conosciamo come “ordine salomonico” (colonne tortili) senza il quale sarebbe impossibile spiegare l’architettura barocca sia in Sicilia che in Spagna.

E’ tuttavia doverosa una riflessione. E’ possibile che la problematica della facciata della cattedrale di Valencia sia stata risolta sull’esempio di quella dell’Annunziata dei Teatini; ma è anche vero che nella città spagnola, già dalla seconda metà del XV secolo, e anche all’interno della stessa cattedrale, operavano Francesc Baldomar e il suo allievo Pere Compte, i quali si sbizzarrivano nella realizzazione di bucature oblique negli spessi muri medievali e volte a crociera coprenti spazi trapezoidali.

Storici contemporanei dell’architettura spagnola hanno notato in alcune di queste opere valenziane del tardo 400 la presenza dello stemma reale di Sicilia. Dando uno sguardo al passato, nella nostra isola non è difficile imbattersi in impianti militari ed ecclesiastici normanni, come il castello di Castellammare del Golfo e il duomo di Cefalù, più tardi anche chiaramontani, come il Castello di Mussomeli, con distorsioni planimetriche risolte con bucature, archi ed altri elementi obliqui, precisamente come accadde dopo in Spagna.

Michele Palamara