La Chiesa ed il Convento dello Spirito Santo Dalle origini cistercensi ad oggi

L’antica via del Dromo che proveniva da sud, assumeva, nell’ultimo tratto prima di entrare in città e biforcarsi, la denominazione di Strada delle Camerelle. Era, per intenderci, quel tratto di via Porta Imperiale che và da Piazza del Popolo a Via Tommaso Cannizzaro.

E’ proprio in questa strada che ha inizio la storia del Convento dello Spirito Santo e della Chiesa annessa, al quale è fortemente legata anche la storia di Suor Nazarena Majone.

Nel 1291, ancora abbondantemente fuori dalle fortificazioni fatte erigere dai normanni, in una zona particolarmente fertile fra i torrenti Santa Marta da un lato e Portalegni dall’altro, la sig.ra Francesca Boccapicciola, come afferma il rev. Padre Placido Samperi, fa erigere, in un terreno di sua proprietà, il monastero e la chiesa annessa dello Spirito Santo.

Alla sua costruzione partecipò economicamente anche Federico III d’Aragona, come fece per molti altri edifici religiosi in città. E, poiché ancor prima in quei luoghi vi era una fattoria dell’Abbazia di Roccamatore, Suor Francesca, prima Badessa del Convento dello Spirito Santo, volle che il monastero agisse sotto le regole dell’Ordine Cistercense e dipendesse proprio dall’Abbazia di Tremestieri. Le volte a crociera senza costoloni, i grossi pilastri rettangolari e gli altrettanto grossi archi a tutto sesto, forse un chiostro ma forse no, affiorati nel 1998 durante i lavori di rifacimento di alcune tubazioni, fanno parte di quell’ala più antica del monastero e sono un segno preciso di quell’architettura cistercense introdotta in età normanna dai francesi e di cui l’Abbazia di Roccamatore ne era il primo esempio in Sicilia.

Come avvenne per altre zone esterne alla città medievale, l’area su cui sorse il monastero pian piano si andò sviluppando, sino a formare un borgo e sino ad inglobare lo stesso monastero. Ecco che sorse il Borgo dello Spirito Santo, uno dei tanti borghi extraurbani che soltanto nel 1852 verrà incluso nel muro daziario della città.

Non si sa molto della Chiesa e del Monastero dello Spirito Santo sino agli ultimi anni del XIX secolo. La chiesa, intorno alla seconda metà del 600, cominciò ad assumere i connotati del barocco importato da Roma ma carico di stucchi e marmi policromi alla maniera siciliana. Il monastero, invece, perse la sua funzione di luogo di culto e assunse, pertanto, un aspetto sempre più degradato.

Eravamo proprio sullo scorcio del XIX secolo quando veniva dato ordine a Padre Annibale Maria di Francia di abbandonare il Palazzo Brunaccini, in via Cavour, lì vicino. Palazzo che il canonico messinese usava come ricovero delle orfanelle.

Per Padre Annibale si prospettavano nuovi problemi da risolvere, ma dopo tante insistenti richieste al Municipio, lo stesso otteneva finalmente l’uso del vicino monastero dello Spirito Santo e dava ordine a Suor Nazarena Majone di trasferirsi urgentemente con 12 orfanelle. La Suora ubbidiva, ma, dato lo stato di totale abbandono del monastero, si trovò costretta a raccogliere una squadra di operai e a dare urgentemente avvio ai lavori di ristrutturazione che in seguito avrebbero portato, fra alterne vicende, il vecchio Monastero a nuova linfa, trasformandolo oggi in uno dei più importanti luoghi di culto messinesi.

Maria Majone diventerà nel 1896 la Prima Superiora Generale della Congregazione del Divino Zelo.

Il terremoto del 1908 è un’altra dura prova per la grande forza di volontà di Padre Annibale e Suor Nazarena. Saranno necessari nove lunghi anni dal grande disastro affinchè i due riescano ad ottenere definitivamente l’area e ad avviare i restauri affidandone i lavori all’ing. Antonino Marino, poi passati a Pasquale Marino alla morte del canonico.

L’ing. Pasquale Marino ha lasciato una bella pubblicazione dove espone le problematiche progettuali e ce ne illustra le soluzioni. Nella sua relazione egli suppone che la disposizione planimetrica della chiesa barocca, danneggiata dal sisma del 1908, non si discostasse di molto da quella duecentesca, e le piante della città precedenti al 700 gli danno ragione. Successive dovevano, invece, essere le due cripte in cui venivano posizionate sedute le salme delle suore.

Il 29 giugno del 1938 l’arcivescovo Paino riapriva ufficialmente la Chiesa dello Spirito Santo, restaurata con l’ausilio della carità messinese. Il terremoto del 1908 aveva fatto cadere l’intera cupola e lasciato in piedi solo parte dei muri perimetrali, ma la sapiente opera di restauro dell’ing. Marino, coadiuvata da bravi stuccatori come Giuseppe Fiorino, hanno fatto sì che  le linee barocche tardo secentesche originali e gli ambienti vissuti da Padre Annibale e Suor Nazarena venissero mantenuti.

 

Michele Palamara

Il quasi “beato” Gaudi e il Liberty siciliano

Forse non tutti sanno che per Gaudi è stato avviato nel 1992 un processo di beatificazione che potrebbe portarci ad avere un santo architetto.

La principale motivazione sta nel fatto che il genio catalano considerava la natura un’architettura divina e riteneva di poter fungere da intermediario architettonico fra Dio e gli uomini. Dalla natura traeva le forme architettoniche. “Ciò che è in natura è funzionale, e ciò che è funzionale è bello… vedete quell’albero? Lui è il mio maestro” diceva Gaudi a chi gli domandava da dove traeva le sue forme.

Ciò è palpabile in alcune sue opere che sembrano essere veri e propri atti di fede come la Sagrada Familia, o come la Cripta della Colonia Guell, dove ogni elemento decorativo ha un profondo simbolismo religioso, esempi di una fede fortissima radicata nel centro rurale dove Gaudì ha vissuto da bambino.

Così come il Modernismo in Spagna, il Jugendstil in Germania, l’Art Nouveau in Belgio e in Francia, anche il Liberty siciliano si ispirava, in chiave moderna, agli stili del passato, con particolare riguardo a quelli locali. Ecco che il Modernismo trae spunto dall’arte araba, dal Gotico catalano o dal Barocco spagnolo, così come accade in Sicilia per merito di Ernesto Basile e tanti altri.

In tutte le opere di Gaudì appaiono le sue radici locali, dai superbi paesaggi naturali catalani, alle architetture “Mudejar” aragonesi, a quelle gotico-catalane.

Soltanto il Barocco, sintetizzato in forma modernista da Gaudi, non appartiene prettamente alla cultura del levante spagnolo. Tuttavia è impossibile non vedere nella Sagrada Familia il tardo Barocco della Spagna unificata slanciatissimo in altezza, molto in uso nel 700 oltre che in Castiglia e in Andalusia, anche in Sudamerica e in Sicilia (Santa Veneranda a Mazara del Vallo).

Nella Sagrada Familia i pinnacoli e le guglie sono di chiara provenienza gotica. Le strutture si reggono da sole, non hanno bisogno di archi rampanti o contrafforti, e la costruzione procede per passi verticali, non orizzontali. Ogni torre si autosostiene.

Forte gusto islamico mostra El Capricho a Comillas (una delle poche opere realizzate fuori Barcellona da Gaudi), così come il Teatro Eden di Acireale, l’Hotel Excelsior di Taormina e tante altre case siciliane. L’accostamento dei colori nella casa asturiana è molto simile a quello della Villa Comunale di Taormina, originariamente parco dell’abitazione di Lady Florence Trevelyan. In quest’ultima l’accostamento di pietre e mattoni, nel suo aspetto neo-romanico, non può non ricordarci il Parco Guell dello stesso Gaudì.

Decisamente riferita all’arte islamica è anche Casa Vicens, decorata con muqarnas e archi mistilinei e la Finca Guell, così come il Chiosco Ribaudo e il Villino Favaloro a Palermo

Nella Cooperativa Mataronense le grandi arcate a diaframma sono un “revival” delle arcate dei dormitori cistercensi (Monastero di Poblet) e delle grandi sale gotico-catalane (Salone Cruyllas a Calatabiano e Salon del Tinell a Barcellona)

Nella Torre Bellesguard, Gaudi riprende invece i temi dell’architettura civile catalana in onore di Martino I, che nel 400 aveva la residenza in città. Lo stesso accade nelle bifore e le balaustre traforate di Villino Drago a Messina o nelle balaustre del Villino Greco a Milazzo e in quasi tutti gli elementi architettonici del bel palazzo di Piazza Unità d’Italia a Messina.

Ma come non accostare stilisticamente Villino Florio di Basile con El Capricho e Casa Vicens di Gaudi, nel loro aspetto turrito con arcatelle pensili.

Sia il genio catalano che Ernesto Basile, maggior esponente del Liberty siciliano, sperimentarono in forma moderna le architetture radicate nel territorio. Ambedue realizzarono le loro migliori opere, capisaldi del Modernismo in Spagna e del Liberty in Italia, grazie ai loro mecenati, da un lato Guell dall’altro Florio.

Michele Palamara