Michele Palamara

architetto e giornalista

Concorso di idee “Architetture per Foggia”. Progetto di una “bicipolitana” (PRIMO PREMIO)

Oggetto del presente progetto è la realizzazione di una “Bicipolitana” all’interno del comune di Foggia che risponda a obiettivi di mobilità sostenibile da una parte e disinquinamento dall’altra. 

Il progetto parte da un’attenta analisi del PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) della città con l’obiettivo specifico di :
·         estendere la rete di percorsi ciclabili e ciclopedonali che innervano la città per garantire una connessione reciproca tra i diversi quartieri e verso i principali poli attrattori presenti in campo urbano;
·         incentivare l’uso della bicicletta attraverso idonee azioni di safety e security;
·         promuovere l’utilizzo della bicicletta come mezzo complementare all’auto privata.
Le strategie adottate per cogliere gli obiettivi specifici sono sintetizzate nei punti seguenti:
·         creare una rete ciclopedonale fondata sulla manutenzione straordinaria dei percorsi esistenti, limitatamente a quelli ritenuti essenziali ai fini della complessiva configurazione di rete, e sulla realizzazione dei tratti mancanti;
·         individuare provvedimenti finalizzati a garantire la sicurezza della circolazione di pedoni e ciclisti con particolare riferimento ai punti di maggiore conflitto con il traffico veicolare motorizzato ( safety);
·         individuare una rete di velostazioni in corrispondenza dei principali poli attrattori di traffico in modo da garantire adeguate condizioni di security alla custodia del mezzo;
·         realizzare un servizio di bike sharing che, in sinergia con la rete di velostazioni di cui al punto precedente, permetta di configurare la bicicletta a pedalata assistita come mezzo per muoversi.
Le nuove piste ciclabili terranno conto dell’unificazione del Parco con i Campi Diomedei e la conseguente chiusura al traffico motorizzato del tratto di via Galliani compreso tra viale Fortore e via Romolo Caggese che resterà percorribile dai pedoni e dai ciclisti, e della linea Metrobus a propulsione elettrica.
Sulla scorta dell’individuazione dei ”punti neri” dell’incidentalità stradale sono previste le seguenti tipologie di intervento finalizzate ad adeguate condizioni di sicurezza a pedoni e ciclisti:
·         introduzione di semafori a chiamata in corrispondenza degli attraversamenti ciclopedonali da realizzare su sezioni correnti della viabilità di scorrimento, ad esempio l’attraversamento in corrispondenza degli ingressi alla fiera e al nuovo polo degli uffici comunali su viale Fortore;
·         introduzione di fasi semaforiche, a chiamata o predefinite, in corrispondenza delle intersezioni dell’itinerario perimetrale all’area centrale di Foggia;
·         realizzazione di attraversamenti ciclopedonali protetti in corrispondenza delle rotatorie esistenti e di progetto alcuni dei quali realizzati con tecnologie a recupero e trasformazione di energia cinetica in energia elettrica.
In tutti i casi si prevede la progressiva introduzione di illuminazione notturna dell’area di attraversamento attivata da dispositivi che rilevano la presenza del pedone o del ciclista in contesti non edificati, che potranno essere alimentati mediante recupero di energia.
La storica condizione di segregazione che sconta il Rione Martucci, rispetto all’area centrale della città, particolarmente evidente dal punto di vista della mobilità pedonale, verrà mitigata dalla realizzazione di una passerella ciclopedonale di scavalco del fascio dei binari, sulla via Fortore. Su entrambi gli “attacchi a terra” il progetto prevede la creazione di due nuove piazze.
I nuovi percorsi, che si andranno ad unire a quelli esistenti e riqualificati, pensati dopo un’attenta analisi delle scuole, dei monumenti e dei luoghi di lavoro presenti nell’area oggetto di intervento, saranno 3:
·         percorso “storico” che ruota attorno all’antico nucleo della città in cui si concentrano la maggior parte delle emergenze architettoniche;
·         percorso “boulevard” che gira attorno alla città come una circonvallazione passando per la maggior parte delle scuole e la maggior parte delle strutture pubbliche (sedi di enti, ospedali, Università, teatri e cinema);
·         percorsi “da periferia a periferia” che si intersecano quasi perpendicolarmente come un cardo e un decumano, collegandosi poi ai tratti di progetto F4, F5 ed F6 della “rete ciclistica provinciale”.
Il Programma “da periferia a periferia” è una proposta progettuale del PUMS, sviluppata in risposta al D.P.C.M. 25/05/2016 “Bando per la presentazione di progetti per la predisposizione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”.
Tutti i percorsi sviluppati nel presente progetto sono stati pensati in risposta al D.M. 208 del 28/07/2016. “Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro”, promosso dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che ha come obiettivo principale l’effettiva riduzione delle emissioni inquinanti e l’abbandono graduale del ricorso eccessivo all’automobile, secondo quanto richiesto dalla direttiva UE e riportato nei dettami del “Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile”.
Il progetto prevede inoltre la realizzazione di 13 rastrelliere per il bike sharing, composte da 8 stalli ciascuno, per una flotta di 104 bici, di cui 24 a pedalata assistita, dotati di sistemi di lettura delle tessere elettroniche e servomeccanismi per il serraggio del veicolo e 5 velostazioni, di cui 3 con ricarica elettrica, composte da 30 posti bici in media (per un numero tot. di 150 stalli). Nello specifico localizzate all’arrivo in città dei “circuiti provinciali” F4, F5 ed F6, una più grande alla stazione centrale, e un’altra a Piazza Cavour. All’interno di ogni singola velostazione di distribuzione delle bici verrà installato un pannello informativo, dotato di sistema di videosorveglianza e di hotspot WiFi pubblico (in rete con il sistema del comune) che mostrerà la mappa delle stazioni bikesharing, le regole di utilizzo del sistema, le informazioni utili e i numeri di telefono di riferimento. Ad integrazione del sistema di base verrà messa a disposizione degli utenti l’App Bicincittà’, che mostra in tempo reale la disponibilità delle biciclette e degli stalli vuoti. Viene inoltre prevista la creazione di due ciclofficine, per le operazioni di manutenzione e riparazione delle bici, una in prossimità del cicloposteggio adiacente al Terminal intermodale di Foggia Stazione e l’altra presso l’incrocio viale Ofanto – Viale Europa.
Oltre al sistema di paletti a led con dispositivo di rilevazione della presenza del ciclista previsto lungo il percorso , saranno installate panchine smart con wifi libera e ricarica smartphone, totem informativi con lettore qr-code per conoscere le tipologie dei percorsi e la loro durata, sia lungo il percorso che in corrispondenza delle rastrelliere, nonché cestini per la raccolta differenziata.
E’ previsto, inoltre, l’adeguamento funzionale dei percorsi ciclabili esistenti, per una lunghezza pari 1909 m, che consisterà nella sostituzione degli elementi danneggiati dei percorsi (“tappetino”, segnaletica verticale) e nella ri-pitturazione della segnaletica orizzontale.
Infine sono previste attività specifiche su studenti e lavoratori, tese alla promozione del Bike to School e del Bike to Work e quindi all’utilizzo del “percorso boulevard”.

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La loggia dei mercanti di Messina L'edificio realizzato alla fine del XVI secolo per i mercanti, divenuto poi Palazzo Senatorio della città

Per il suo porto naturale , tra i mari Jonio e Tirreno, rifugio sicuro di navi e mercanzie, Messina trasse cospicui vantaggi economici e ottenne privilegi da parte dei dominatori.
Dall’età classica fino al terremoto del 1908, le attrezzature marittime della città richiamavano le navi per i rifornimenti e le riparazioni e per i ricchi negozi con i commercianti del luogo.
Già al tempo dei romani Messina ebbe il privilegio del titolo di Città principale dell’Impero.
Crebbe nei secoli la sua potenza, e al tempo dei normanni, per l’aiuto offerto loro nella riconquista dell’isola ebbe ancora ulteriori privilegi fra i quali quello di battere moneta e di avere un Consolato del Mare.
Messina, come pure la Calabria, eccelleva nella produzione della seta, la quale commerciava con altre merci provenienti dalla Spagna, da Genova, dalla Toscana, da Venezia.
Nel 1296, Federico III D’Aragona istituiva la fiera franca annuale, e nel 1416 Ferdinando D’Aragona ribadiva questo privilegio trasferendola sulla cortina del porto. In questa fiera , che si svolgeva tra l e il 15 Agosto, tutti i mercanti, compresi quelli spagnoli esponevano le loro merci (dal ferro alla seta, dal cuoio ai ricami in oro) dentro tende prefabbricate.
Nel 1507, la città, affollata di mercanti di tutte le parti del mondo, che contrattavano i prezzi delle merci in luoghi precari, quali il palazzo della Dogana, non certamente idoneo all’uopo, mandò in Spagna degli ambasciatori per chiedere a Ferdinando D’Aragona una sede fissa per questi incontri.
Ferdinando D’Aragona acconsentì che si iniziassero i lavori.
Si decise, allora, di costruire questa Loggia al posto di un tratto di muro di cinta della città, di fronte al mare, accanto alla turrita porta della Dogana Vecchia, chiamata così, proprio perché portava al quel Palazzo della Dogana, già luogo d’incontro preferito dai mercanti.
I lavori terminarono nel 1527.
Dopo aver portato a termine l’edificio ad un solo piano, si intuì che quel palazzo per la sua centralità poteva essere sede anche di altre istituzioni o enti. Per cui, nel 1589 viene deciso un ampliamento notevole del fabbricato con una sopraelevazione in cui avrebbero dovuto avere sede la Tavola Pecuniara e il Senato (Municipio), peraltro secondo la tipologia delle logge spagnole col “ayuntamiento” al piano superiore.

Alcañiz

I lavori venivano, così, affidati a Giacomo Del Duca, un architetto di Cefalù.
Del Duca era allievo di Michelangelo. Con lui, a Roma, costruì Porta Pia e realizzò altri splendidi edifici.
Tornato a Messina nel 1589, dopo aver portato a termine la Cupola di Santa Maria del Loreto, divenne Ingegnere della città al posto di Calamech, morto un anno prima.
Nel 1599 i lavori della Loggia dei Mercanti vengono portati a termine.
All’ingresso una grande lapide recitava: “UT MERCATORUM UTILITATI CIVIUM ORNAMENTO REGIAE URBIS MESSANAE REGNI PROTOMETROPOLIS DIGNITATI CONSULERETUR……..” (Buonfiglio Costanzo G., Messina città nobilissima descritta in XIII libri, Venezia 1606). Ossia il palazzo veniva costruito “AFFINCHE’ SI PROVVEDESSE ALL’UTILITA’ DEI CITTADINI MERCANTI…….”. 
L’edificio, rivestito interamente di marmi pregiati, presentava, al piano terra, dove si riunivano i mercanti, nove lunghe finestre con cancelli di ferro, spaziate lateralmente da coppie di lesene doriche bugnate, e nove balconi, tra altrettante coppie di lesene d’ordine jonico, corrispondenti nel piano superiore. Sia le finestre che i balconi erano sormontati da piccole nicchie centinate con finestrelle, affiancate queste da volute a ricciolo. Una cornice a più scanalature marcava orizzontalmente i due ordini.
Questo schema ricordava l’interno della Chiesa di S. Maria in trivio dello stesso Del Duca.
Praticamente questa tipologia, è prettamente quella delle grandi logge mercantili appartenenti alla Corona d’Aragona (Perpignan, Palma, Saragoza, Valencia), ma con uno stile importato dall’Italia. 

Messina

Perpignan

Non è da escludere che, nel suo involucro esterno realizzato sulla fine del secolo XVIII, la Lonja di Barcelona non abbia avuto come esempio  l’importantissima loggia messinese, certamente non inferiore alle altre coeve “lonjas” spagnole, se non altro per dimensioni.

Barcelona

Nel 1602 si costruì una nuova sede per il Senato in Piazza Duomo, su progetto del Calamech, morto pochi anni prima. Per cui l’edificio sulla marina venne destinato esclusivamente ai Mercanti, al consolato del Mare, al Consolato della Seta e più tardi anche ad Archivio Notarile.
E’ da sottolineare, comunque, il fatto che il nuovo palazzo del Senato in piazza Duomo, secondo lo storico Buonfiglio, è solo parzialmente  terminato in quella data, e probabilmente ad opera dello stesso Del Duca.
Nel 1622, la Loggia dei Mercanti veniva inglobata e dotata di tutti i servizi connessi alle attività mercantili, comprese le abitazioni dei mercanti, da quella enorme schiera di palazzi, chiamata “Palazzata”, famosa in tutto il mondo, anche come “teatro di Palazzi” per la bellezza del suo insieme e per lo spettacolo che offriva ai naviganti che entravano nel porto di Messina. L’incarico fu dato a Simone Gullì, il quale in soli due anni la portò a termine.
La costruzione, addirittura un chilometro e mezzo, venne ordinata da Emanuele Filiberto di Savoja, principalmente per dare dimora a quei mercanti, provenienti in massima parte dalla Spagna, che affollavano in quel periodo Messina e i quali necessitavano di dimore vicino al porto per attendere meglio ai loro commerci.
Tuttavia la città era già abbastanza ristretta fra le proprie mura e non aveva zone da destinare a nuove edificazione.
Si decise, pertanto, di abbattere le vecchie mura, sull’orma delle coeve città spagnole e portoghesi, e di costruirvi la Palazzata al loro posto, riutilizzando, peraltro, le stesse pietre, in mancanza di cave nelle vicinanze.
Inoltre, la Palazzata avrebbe difeso la città dai venti e dal contatto immediato con la tumultuosa e malsana zona di traffico marittimo e mercantile.
Al piano terra vi erano i magazzini e le botteghe. Ai piani superiori le abitazioni di mercanti, banchieri e famiglie benestanti
Al centro rimaneva, così, la Loggia dei Mercanti, nella propria maestosità.
A sinistra della Loggia dei Mercanti c’era la Porta della Loggia, forse dello stesso Del Duca, con la statua del Nettuno del Montorsoli di fronte.
Dalla porta della Loggia si impartiva l’attuale via della Loggia dei Mercanti. 
La costruzione così rapida dell’intera Palazzata fu dovuta alla genialità dell’ arch. Gullì il quale seppe standardizzare alcuni elementi architettonici, come i balconi in pietra di Siracusa, le porte, le finestre, i fregi, le paraste, le soglie, predisponendoli a piè d’opera, durante la realizzazione dei muri portanti.
In un simile arco di tempo occorso per la costruzione si suppone che gli interni non dovevano essere per niente complicati.
Il piano superiore della Loggia dei Mercanti veniva in seguito adibito ad Armeria. I molteplici usi del palazzo fecero si che lo spazio per i mercanti diventasse insufficiente, per cui si costruì, nel 1627, un’altra Loggia al di là della Porta della Loggia.
L’edificio altrettanto bello, sede anche della Corte del Consolato dell’Arte della Seta, per metà era coperto da volte sostenute da grosse colonne di pietra e per l’altra metà era scoperto.
Questa loggia era tutta attorniata da un bellissimo e spazioso sedile di marmo con lunga fila di balaustri di ferro, ed in ognuno degli angoli c’era una bellissima colonna di porfido.
Nel suo insieme doveva assomigliare alla Loggia dei Catalani di Palermo, tranne per il fatto che parte di essa era allo scoperto.
Nel frattempo la città, dopo aver conquistato in un primo tempo la fiducia degli spagnoli, ed acquisito di conseguenza notevoli altri privilegi, nel 1674 si rivoltò contro, ottenendo in un primo tempo l’aiuto dei francesi e poi il loro tradimento. Questo episodio scatenò la vendetta di Madrid, la quale gli tolse pian piano tutti i privilegi che in precedenza gli aveva concesso.
Il Palazzo Senatorio di piazza Duomo veniva abbattuto, e al suo posto fatta erigere una statua di Carlo II.
Fu così che la Loggia dei Mercanti cedeva il suo sito al Senato, trasferendosi unicamente e definitivamente nella loggia anzidetta.
D’altronde il commercio non era più così fervido, come alcuni anni prima, e la piccola sede vicina era più che sufficiente.
Il terremoto tremendo del 1783 diede un ulteriore colpo all’economia cittadina distruggendo la Palazzata e danneggiando gravemente la Loggia dei Mercanti, ormai conosciuta ai più come Palazzo Senatorio.
La Palazzata fu interamente ricostruita ad opera di Giacomo Minutoli nel 1878, e fu nuovamente distrutta, e mai più ricostruita, dal terribile terremoto, che rase al suolo Messina, del 1908.
Michele Palamara

Il sentiero che collegava San Placido il Nuovo con San Placido il Vecchio Le fasi costruttive di San Placido Calonerò

Le fasi costruttive che hanno riguardato il Monastero di San Placido Calonerò sono sintetizzabili in 4 passaggi fondamentali: 1360 circa assegnazione del feudo ad Andrea Vinciguerra; 1376 donazione del feudo ai Benedettini; 1400 circa completamento della chiesa nell’area del chiostro nord; 1608 completamento dei due chiostri nelle forme rinascimentali attuali.

Ma forse non tutti sanno che i Benedettini prima di trasferirsi sull’altopiano dove oggi sorge il “Cuppari” si trovavano sulla collinetta di fronte, al di là del torrente Briga, nel cosiddetto Monastero di San Placido il Vecchio o “in Silvis, con bella chiesetta annessa.

L’antico edificio era raggiungibile, prima dell’alluvione del 2009, salendo da Briga Superiore; oggi lo è passando da Giampilieri.

Ma da dove passavano i Benedettini nei loro frequenti spostamenti da un Monastero all’altro?

Molti, in maniera probabilmente fantasiosa, hanno parlato addirittura di un passaggio sotterraneo attraverso gli scantinati sotto il chiostro nord, ma è molto più probabile che, passando per il belvedere a sud del Monastero, attraverso un semplice sentiero giù per un lieve pendio, si potesse giungere prima al Lebbrosario Femminile di Briga con chiesetta quattrocentesca annessa, tutt’oggi appartenente ai Benedettini, e poi sù per San Placido il Vecchio.

Michele Palamara

Il quasi “beato” Gaudi e il Liberty siciliano

Forse non tutti sanno che per Gaudi è stato avviato nel 1992 un processo di beatificazione che potrebbe portarci ad avere un santo architetto.

La principale motivazione sta nel fatto che il genio catalano considerava la natura un’architettura divina e riteneva di poter fungere da intermediario architettonico fra Dio e gli uomini. Dalla natura traeva le forme architettoniche. “Ciò che è in natura è funzionale, e ciò che è funzionale è bello… vedete quell’albero? Lui è il mio maestro” diceva Gaudi a chi gli domandava da dove traeva le sue forme.

Ciò è palpabile in alcune sue opere che sembrano essere veri e propri atti di fede come la Sagrada Familia, o come la Cripta della Colonia Guell, dove ogni elemento decorativo ha un profondo simbolismo religioso, esempi di una fede fortissima radicata nel centro rurale dove Gaudì ha vissuto da bambino.

Così come il Modernismo in Spagna, il Jugendstil in Germania, l’Art Nouveau in Belgio e in Francia, anche il Liberty siciliano si ispirava, in chiave moderna, agli stili del passato, con particolare riguardo a quelli locali. Ecco che il Modernismo trae spunto dall’arte araba, dal Gotico catalano o dal Barocco spagnolo, così come accade in Sicilia per merito di Ernesto Basile e tanti altri.

In tutte le opere di Gaudì appaiono le sue radici locali, dai superbi paesaggi naturali catalani, alle architetture “Mudejar” aragonesi, a quelle gotico-catalane.

Soltanto il Barocco, sintetizzato in forma modernista da Gaudi, non appartiene prettamente alla cultura del levante spagnolo. Tuttavia è impossibile non vedere nella Sagrada Familia il tardo Barocco della Spagna unificata slanciatissimo in altezza, molto in uso nel 700 oltre che in Castiglia e in Andalusia, anche in Sudamerica e in Sicilia (Santa Veneranda a Mazara del Vallo).

Nella Sagrada Familia i pinnacoli e le guglie sono di chiara provenienza gotica. Le strutture si reggono da sole, non hanno bisogno di archi rampanti o contrafforti, e la costruzione procede per passi verticali, non orizzontali. Ogni torre si autosostiene.

Forte gusto islamico mostra El Capricho a Comillas (una delle poche opere realizzate fuori Barcellona da Gaudi), così come il Teatro Eden di Acireale, l’Hotel Excelsior di Taormina e tante altre case siciliane. L’accostamento dei colori nella casa asturiana è molto simile a quello della Villa Comunale di Taormina, originariamente parco dell’abitazione di Lady Florence Trevelyan. In quest’ultima l’accostamento di pietre e mattoni, nel suo aspetto neo-romanico, non può non ricordarci il Parco Guell dello stesso Gaudì.

Decisamente riferita all’arte islamica è anche Casa Vicens, decorata con muqarnas e archi mistilinei e la Finca Guell, così come il Chiosco Ribaudo e il Villino Favaloro a Palermo

Nella Cooperativa Mataronense le grandi arcate a diaframma sono un “revival” delle arcate dei dormitori cistercensi (Monastero di Poblet) e delle grandi sale gotico-catalane (Salone Cruyllas a Calatabiano e Salon del Tinell a Barcellona)

Nella Torre Bellesguard, Gaudi riprende invece i temi dell’architettura civile catalana in onore di Martino I, che nel 400 aveva la residenza in città. Lo stesso accade nelle bifore e le balaustre traforate di Villino Drago a Messina o nelle balaustre del Villino Greco a Milazzo e in quasi tutti gli elementi architettonici del bel palazzo di Piazza Unità d’Italia a Messina.

Ma come non accostare stilisticamente Villino Florio di Basile con El Capricho e Casa Vicens di Gaudi, nel loro aspetto turrito con arcatelle pensili.

Sia il genio catalano che Ernesto Basile, maggior esponente del Liberty siciliano, sperimentarono in forma moderna le architetture radicate nel territorio. Ambedue realizzarono le loro migliori opere, capisaldi del Modernismo in Spagna e del Liberty in Italia, grazie ai loro mecenati, da un lato Guell dall’altro Florio.

Michele Palamara