Michele Palamara

architetto e giornalista

Tag architettura

RETE DEI BORGHI Progetto per la messa in rete dei borghi di Messina con conseguente loro riqualificazione e promozione turistica

Obiettivo del progetto “RETE DEI BORGHI” è il recupero e la promozione turistica del vasto patrimonio di villaggi messinesi.
Recupero da attuare, per cominciare, con piccoli interventi-pilota di riqualificazione urbana come, ad esempio, l’inserimento di una o più panchine “smart” dotate di lettore qr-code e info-point per fornire semplici e immediate informazioni turistiche, nonchè ricarica smartphone e wifi libera, insieme al rifacimento di porzioni di pavimentazione.
Promozione turistica che avviene attraverso sito web, brochure informative presso il terminal crocieristico o software installati sullo smartphone.
I turisti, ancor prima di intraprendere il viaggio, sapranno l’esatta ubicazione dei villaggi, i tempi e le modalità di percorrenza e le emergenze architettonico-paesaggistiche.
Sia che decidano di fare un tour “fai da te” che di farlo con autobus messi a disposizione dal Comune, i turisti potranno prendere in affitto occhialini per tour virtuali che sfruttano a pieno le potenzialità della realtà aumentata e delle tecnologie indossabili.
Il progetto si completa con la costituzione di piccole strutture ricettive, composte da 2 o 3 camere per borgo, collegate in rete.
L’aggiornamento delle informazioni e il coordinamento della rete sarà a cura di un Assessorato “Sviluppo e rinnovamento dei Villaggi Comunali”, appositamente costituito dal Comune.
La riqualificazione urbana può costare circa 50.000 €/borgo, l’istituzione di piccole strutture ricettive circa 50.000 €/borgo, l’applicativo e la promozione circa 100.000 €; per un totale di circa 4.100.000 €, equivalenti a circa 40 borghi per adesso. Fondi facilmente reperibili con bandi europei

 

Catalogna o Spagna? I messinesi in passato hanno preferito la Catalogna L'influenza prima catalana e poi spagnola nell'architettura messinese

La Sicilia entrò a far parte della Corona d’Aragona, e quindi sotto influenza catalana, nel 1282, con la guerra del Vespro; diventò poi una sorta di colonia della Spagna unita attorno al 1500; il tutto si concluse nel 1713 quando, con la pace di Utrecht, gli ultimi vicere spagnoli finirono di lasciare l’isola.

Ma la Sicilia e l’attuale Spagna risultavano coinvolte in una comune koinè culturale già dal tempo delle incursioni musulmane (700); pertanto, si può dire che questi rapporti siano durati quasi un millenio.

Ma la Sicilia ha preferito la Catalogna o la Spagna?

Gli angioini non erano mai stati amati dai siciliani, quindi l’avvento del governo aragonese-catalano nell’isola fu certamente il male minore anche se, per buona parte del trecento, ad esso si opposero molte famiglie nobili siciliane (Chiaramonte, Sclafani, Migliaccio), le quali formavano il partito “latino” che sponsorizzava un’architettura indigena (arabo-normanna, sveva) in contrapposizione alle forme provenienti dalla Catalogna.

Con l’inizio del 400, tuttavia, le barriere si aprivano decisamente al gotico catalano, e ovunque in Sicilia architetti e lapicidi si ispiravano a quel gotico orizzontale e fiammeggiante, piuttosto che a quello francese verticale, utilizzandolo per lo più nella costruzione di palazzi o case con patio e scala “descubierta” (palazzo Corvaja a Taormina).

Fra la fine del 400 e l’inizio del 500, invece, i rapporti con l’Italia si aprivano maggiormente. Il rinascimento era italiano e quindi trovava facile approdo in Sicilia, soprattutto a Messina (porta della Sicilia) e Palermo (capitale), per cui le arti provenienti dalla Spagna, ormai unificata (gotico isabellino e plateresco), attecchirono meno.

Anche dal punto di vista politico-sociale, i siciliani, e in particolare i messinesi, a un certo punto, cominciarono a mostrare insofferenza nei confronti degli spagnoli, prova ne è la rivoluzione antispagnola del 1674 che si concluse, come tutti sappiamo, con la soppressione e tutta una serie di punizioni per la nostra città.

Michele Palamara